La Masseria Sant’Angelo
Scendere a sud nella Provincia di Lecce, una domenica di fine Settembre, finita l’estate, su provinciali deserte, ti trasporta automaticamente in un’altra dimensione. Chilometri e chilometri di terra vuota, senza costruzioni, a parte qualche campo coltivato a pannelli solari. Per la maggior parte però solo distese di ulivi e macchia mediterranea. L’ingresso nell’area WWF de Le Cesine, sulla provinciale che attraversa il Parco, è commovente: tutto è intatto, antico, e gode di quella solitudine priva di qualunque sentore di desolazione. E poi finalmente la Grecìa Salentina, dove si parla griko e che ricorda una Spagna grecheggiante col suo barocco bianco e pietroso, imponente e merlettato.
In questo scenario si trova l’antica Masseria Sant’Angelo, dove ad attenderci c’è Rocco, il proprietario, che vive lì insieme a sua moglie e ai suoi due figli.
Rocco è un signore con gli occhi azzurri e profondi, incastonati in una faccia scurita dal sole e raccontata da qualche ruga. Ha uno sguardo di quelli tosti, di quelli che ha chi fa una scelta consapevole e libera e se ne prende tutte le responsabilità. Il sorriso è pieno di vita e di dolcezza.
Ci fa conoscere i genitori, quasi novantenni che ancora lavorano lì con lui, in quella che è la masseria di famiglia, e ci racconta come il valore della condivisione e della collaborazione possa passare anche e soprattutto dal recupero delle tradizioni e dei rapporti familiari.
Rocco ci porta in giro per i campi e ci mostra un museo a cielo aperto degli attrezzi da lavoro prima che venisse inventato il motore, alcuni di questi risalgono ad epoche preistoriche e sono tutti di pietra: dolmen, menhir, tombe, il macchinario per la molatura delle olive e un trullo. Altri sono attrezzi in metallo o in legno che venivano attaccati ai buoi o ai cavalli.
Poco oltre si trovano l’orto e il frutteto biologico, dove si coltivano specie antiche, quasi estinte, che “la gente non mangia più perché sono brutte e ormai si mangia solo con gli occhi”.
Entriamo poi nel recinto delle capre, dove una di loro si innamora perdutamente di Claudio, il nostro amico ciclista che ci sta accompagnando in queste ultime tre tappe del tracciato adriatico. Le salutiamo con la promessa di mungerle il giorno seguente.
Il giro continua, mentre i cani ci gironzolano intorno insieme alla moglie e a uno dei figli di Rocco che vanno a cavallo, ed entriamo in una delle stanze ricavate nella masseria. Ci spiega che le volte e le tecniche di lavorazione dei materiali, tutti di recupero, sono tradizionali della zona: sulle pietre sono ancora visibili i segni dell’ascia con cui è stata data loro la forma che hanno. Ci dice che la cosa che lo affascina di più è il valore di quelle pietre, fatto di storia, di fatica e del lavoro di qualcuno che ha lasciato tutti quei piccoli segni ancora visibili.
Lui ha scelto di tornare qui, e di tornare a quel modello di vita di quando era ragazzo, dopo aver girato parecchio il mondo. Del resto non puoi capire fino in fondo il valore delle cose quando non hai almeno un altro punto di vista e soprattutto quando non provi un reale bisogno e una vera voglia. “Proprio come faccio con i bambini quando vengono qui in visita: spiego loro il ciclo dell’acqua, il modo in cui veniva raccolta dalla pioggia e incanalata per irrigare o abbeverare gli animali. Loro ovviamente cominciano ad avere sete e io allungo sempre un po’ di più la storia per far sentire loro il vero sapore dell’acqua, dopo che l’hai desiderata e attesa per così tanto tempo!”.
Rocco continua a spiegarci che il denaro è qualcosa da cui è necessario allontanarsi il più possibile, perché genera avidità e l’abuso spietato dei bisogni e la conseguente mancanza di meraviglia di fronte a tutto, perché rende tutto scontato. Scontato a caro prezzo.
Ciò che conta sono i valori dell’amore per la terra, per le altre persone, per il territorio. Ci indica dei bambini che giocano insieme a pallone: “Loro vengono sempre qui a giocare. E’ bello che questo posto funzioni anche come un luogo di integrazione”, ci dice sorridente Rocco mentre li guarda. Infatti tra loro ci sono anche figli di immigrati.
La Masseria gode di un’autosufficienza energetica, grazie a dei pannelli solari montati sul tetto e all’acqua presa direttamente da un pozzo. Questi due elementi sono al centro di questioni piuttosto difficili da risolvere. I pannelli solari in Salento vengono utilizzati indiscriminatamente, messi direttamente a terra, distruggendo così la potenzialità e la fertilità dei campi, perché per impiantarli vengono usati diserbanti, in modo che l’erba non dia fastidio alla solarizzazione, e poi producono un calore elevatissimo: tutto ciò distrugge i batteri e i microrganismi indispensabili perché la terra sia coltivabile e fruttuosa.
Anche per quanto riguarda il pozzo c’è un problema non di poco conto: si vorrebbe costruire una discarica proprio a Corigliano d’Otranto, dove passa una faglia acquifera che alimenta quasi tutto il Salento, e su un terreno particolarmente poroso, per cui tutti i liquami e il percolato della discarica finirebbero nella faglia acquifera.
Proprio mentre parliamo di questo argomento ci raggiunge un’attivista del Forum Ambiente e Salute del Grande Salento, raccontandoci tutte le lotte in cui sono impegnati. E’ incredibile la partecipazione da parte di giovani e persone di ogni estrazione sociale, che non solo nutrono un profondo amore per la propria terra, ma hanno anche la consapevolezza di iscriverlo in una visione più universale di come dovrebbero e potrebbero funzionare le cose se solo non si pensasse all’immediato ma a un futuro sostenibile.
E’ lo stesso motivo per cui Rocco non ha semplicemente voluto rintanarsi nel suo nido, ma vuole far conoscere le motivazioni della sua scelta agli altri, compresi i bambini delle scuole e i viaggiatori che non amano il cemento di quei non luoghi con più o meno stelle di plastica.
Insieme ad EcoSalento e a Viaggi e Miraggi, la Masseria entra in quella rete di turismo responsabile e sostenibile, che promuove non solo un modo di viaggiare consapevole e che ti porta in profondità nelle dinamiche culturali e tradizionali di un posto, ma riesce a farti iscrivere questa consapevolezza in una visione generale di come funziona la cura per la società che siamo tenuti a migliorare.
E’ lo stesso motivo per cui la nostra incredibile attivista ci dice che si stanno battendo, con Genuino Clandestino, per poter vendere i prodotto biologi allo stesso prezzo di quelli del Supermercato e non farli essere qualcosa di elitario ma accessibili a tutti. Come del resto dovrebbe essere.
A conclusione di questo incontro, così stimolante e carico di un’energia positiva, mangiamo il formaggio delle capre di Rocco, con un filo d’olio. Intorno c’è un bel silenzio, interrotto dal fruscio delle foglie, dalle nostre risate e dal rumore di qualche animale. In cielo le prime stelle, luminose e grandissime, di quelle che non sono di plastica e che non potresti mai contarle tutte.
- tracciato orientale
- Puglia
- 22° giorno di viaggio
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