Reportage

Assieme al sito Campi Magnetici il Perimetro ha pubblicato il suo reportage fotografico diviso in più articoli scritti e lavorati mentre il viaggio si stava compiendo, tra miscela al 2%, cartine stradali e valige!

Fotografie scattate con Canon EOS 5d mark II con EF 28 – 300 F3.5 L IS USM e EF 24-105 F 4 L USM. Canon è sponsor tecnico del Perimetro.

07_Terra di lavoro

La Statale 18 è un filo rosso che si arrampica su una terra dura, poco incline al compromesso. Il più delle volte ha occhi bassi. Poi, proprio dove la maggioranza direbbe “qua non ci cresce niente”, si incontra la dignità, la lotta, l’umanità. Nei casolari che si raggiungono sotto i viadotti della Salerno-Reggio Calabria, a dorso di asino, oltre la spettacolarizzazione delle cupole mafiose, oltre la “questione meridionale”, stanno le persone che tra arrendersi e fuggire hanno scelto di imbracciare le armi che il nostro tempo mette loro a disposizione. Come moderni briganti.

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06_La porta d'Europa

La Sicilia, terra di invasori, meticcia di incontri e di scontri, di suoni, colori e profumi. Ha un paganesimo fuso con il suolo, e quindi non confuso, e che nel suolo si ritrova. Una terra caotica, che ha senso solo se sai amare i porti, senza volerli necessariamente capire, solo se perdi il conto dei campi coltivati, dei chilometri percorsi, del dislivello dalle montagne al mare, degli sguardi fieri e alteri che sanno aprirsi ai sorrisi più ospitali.
La Sicilia, terra di migrazioni, dagli uccelli agli esseri umani. I primi sempre più protetti dei secondi.

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05_Finis terrae

La Magna Grecia ha lasciato la sua impronta bianca, assolata, sempre al confine tra i campi coltivati e il mare. Una campagna antica, come i sorrisi della gente, come la loro accoglienza, con una terra più scura delle facce turche e un mare più blu degli occhi dei normanni.

Gli uliveti secolari e i pini marittimi fanno da cornice al tentativo dell’uomo di organizzare la natura, senza corromperla, sapendola una ricchezza, l’unica che non lo ha mai tradito, neppure quando si accanisce contro di lui.

Qualche casa non finita tra le rocce calcaree, una lunga ferrovia parallela alla strada statale, annunciano la costa jonica, dove la terra finisce e si spalanca su orizzonti che non avremmo mai potuto immaginare.

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04_Sud

La discesa lungo l’Adriatico è come un lento abbandono della civilità industrializzata. Dalle piattaforme petrolifere, ai tir che corrono lungo i porti, da una nave all’altra e da lì verso tutto il Paese, ai trabocchi di legno che si affacciano sul mare restando collegati alla terraferma. E poi il Sud, bruciato, solitario, vuoto. Quello che sembra di stare nel far west, se non fosse per i muretti a secco e il bianco accecante delle cittadine, che ne incontri una ogni trenta chilometri.
Oltre il mare: le terre di sbarco, qui: l’approdo. Da secoli. Tutto si confonde tra la campagna e il mare, tra una civiltà contadina che lotta contro un terreno troppo pietroso e il sole troppo caldo e le piogge troppo poco abbondanti, e le popolazioni che si affacciano sul mare, alle prese con stranieri vecchi e nuovi. Ieri gli Spagnoli, i Normanni, i Bizantini, i Torinesi, ma soprattutto i Greci, che hanno lasciato tracce tanto profonde da riconoscerne i tratti sui volti e l’accetto nelle lingue.
Oggi i nuovi invasori, che lasciano tracce meno profonde e anche la giusta malinconia a un Settembre che illumina spregiudicato l’eleganza di certe rughe.

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03_Come i fiumi

La frontiera naturale delle Alpi ci scorta verso il mare con un movimento naturale, simile a quello dei larghi fiumi dalla sorte identica che si arrendono nel Po.
É proprio dietro l’ultima curva che la collina friulana torna ad essere Mediterraneo, con i suoi odori, i suoi pini, i suoi massi a picco sul cielo.
Poco più avanti, a un passo da Trieste, l’uomo ha eretto le sue di frontiere. Così piccole ed effimere al cospetto dei Monti, che sorvegliavano il limes già nella notte dei tempi
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02_La montagna

Una natura dura e al tempo stesso generosa dorme nelle vallate alpine. Case o interi borghi abbandonati per la corsa all’oro dell’industria del novecento si nascondono tra le rocce e le betulle, pronte a svolgere un nuovo ruolo nel mondo che succederà a quello che conosciamo, fondato sul petrolio e sullo scambio veloce delle merci.

Qualche ominide, bambini del tempo che viene, ha già iniziato la trasformazione. Beve l’acqua che viene dai monti, si scalda col fuoco, contempla sul tavolo le poche cose di cui davvero abbiamo bisogno, dopo aver lasciato le droghe della nostra epoca morente, a valle.

Qualche chilometro più in giù, dove il mondo cessa di essere in diagonale, l’uomo del novecento cerca di puntellare l’esistenza a cui è abituato, combattendo la concorrenza cinese, il traffico, la crisi, il caro vita. Tutti concetti che sfuggono ai castagni secolari, che erano qui molto prima del motore a scoppio e sapranno salutare, se saremo capaci, l’uomo nuovo.

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01_Partire

Dietro ogni curva, sulla cima di ogni passo e tra l’incontro di due pendii, si aprono, insieme al petto, paesaggi dal sapore ancestrale.

Viaggiare, viaggiare lentamente, è forse l’unico modo per riempirsi di quell’energia che solo la scoperta ti può dare, ricordandoti che non è la meta da raggiungere a scandire il cammino, ma tutto il percorso.

Poche tappe fin’ora, e nelle gambe già tanta forza dei sorrisi degli amici, vecchi e nuovi, che ti aspettano, dell’accoglienza, della dolcezza tanto dura delle costiere di levante, quelle delle Cinque Terre, che sembra di stare in una Provenza irlandese ma in Corsica.
L’Italia è un porto: accogliente, contraddittoria nel suo unire ogni differenza, selvaggia e un po’ rude.

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