No Muos!
A Niscemi, nel Sud della Sicilia, non distante da Agrigento, si sta scrivendo una delle pagine più nere della storia contemporanea, che ha un nome chiaro e ormai noto: MUOS. Meno chiare e meno note sono le funzioni, le decisioni e gli obiettivi per cui questo potente radar si sta costruendo e si sta costruendo.
Ne è nato un fragoroso coordinamento di movimenti e di individui, che comprende decine di migliaia di Siciliani più altri sostenitori da tutta Italia e da tutto il mondo.
Grazie ai nostri amici Denyse e Roberto di That’s Amore Italia riusciamo ad incontrare l’avvocato che si occupa della parte legale – o sarebbe meglio dire illegale – della vicenda, lei si chiama Paola Ottaviano.
Ciò che più ci colpisce di quello che ci racconta, e che è il vero e proprio motivo della contestazione, del disdegno e purtroppo anche della paura nei confronti di queste antenne mostruose, è il fatto che si tratta di un radar per i droni. I droni sono aerei senza pilota e che verranno utilizzati per la “guerra del futuro”, quella che si combatterà direttamente contro l’uomo attraverso macchine senza alcuna emozione, comprensione e intelligenza delle vicende. C’è poco da sorridere, non siamo in un libro di Asimov purtroppo, né di fronte una teoria complottista e visionaria. I droni sono stati già sperimentati e di radar per guidarli, uguali a quello che stanno costruendo a Niscemi ce ne sono altri tre nel mondo: uno in Virginia, l’altro alle Hawaii e un altro in Austrialia. Così la Sicilia diventa la “piattaforma del Mediterraneo” della nuova strategia bellica statunitense, facendo diventare l’isola uno dei principali obiettivi bellici a livello planetario in caso di conflitto generale. Tutto questo è avvenuto, ci spiega Paola, senza alcun passaggio parlamentare, cementificando un’antica sughereta dichiarata SIC (Sito di Interesse Comunitario).
La Sicilia ha una storia insurrezionale che si perde nella notte dei tempi. Fin dai celebri “vespri”, che videro la sollevazione contro la dominazione angioina, c’è sempre stato un sentimento di forte dignità e indipendenza presso questo popolo. La notizia dell’inizio della costruzione del sito militare ha risvegliato quest’anima che ha risposto con una fitta rete di comitati locali coordinati sotto l’ombrello del movimento “NoMuos”, in linea con analoghi movimenti che nel resto del paese si battono contro le grandi opere civili o militari che siano. La partita che si gioca quaggiù, però, è decisamente più complessa. Gli interessi sono enormi, e partono dalle esigenze strategiche dell’esercito più potente del mondo. Nonostante la schiacciante disparità delle forze in campo, i partigiani siciliani non si sono arresi e hanno iniziato a combattere con tutti i mezzi a disposizione: presidi, manifestazioni e ricorsi al TAR. Una simile struttura, infatti, porta con sé il sospetto di un’incidenza significativa sulla salute delle persone. Il campo elettromagnetico utilizzato, infatti, è gigantesco e i rischi sono reali. Inoltre i comitati non vogliono trasformare la loro terra in una stazione di controllo per delle armi di morte spaventose e uniscono alla difesa del territorio una profonda cultura pacifista. Conquistata nel ’43 con lo sbarco alleato, l’isola continua a pagare gli errori e gli orrori del fascismo che volle una guerra persa in partenza che ha consegnato il paese alla servitù straniera, Sicilia in primis. Ed è doloroso pensare che questa gente debba ancora pagare un prezzo così alto per uno sbaglio ormai oggettivamente lontano nel tempo.
L’istallazione è quasi pronta. Le torrette sono costruite e le parabole sono a terra, pronte ad essere issate. Ma “anche in una battaglia difficilissima si deve lottare fino alla fine”, dice Paola, per il semplice motivo che “abbiamo ragione”. E ne hanno, maledizione. No Muos, No Tav, No Dalmolin, No Ombrina, No Sat, No Radar, No Ponte. La rabbia dei popoli ribolle e le dignità sono calpestate da una visione disperata dell’umanità che continua a puntare sullo sfruttamento della terra e dei popoli. Noi, nel nostro piccolo, ci stringiamo a loro e ai loro compagni di lotta e non possiamo che essere grati agli attivisti che, come Paola, si battono, si sbattono, si beccano le denunce o, peggio, finiscono nelle galere dello Stato.
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