Ho fatto scalo a Muggia

Muggia. 14 Settembre 2013.

Avvicinarsi a un confine senza passarlo e un po’ come salire in cima ad uno scoglio dove tutti si tuffano e poi scendere a piedi. In questo venerdì di fine estate a noi, che andando a Belfast di confini, lo scorso anno, ne passammo quasi una decina, spetta questo esperimento. Le ex frontiere di quella che fu l’Europa del ‘900 si assomigliano un po’ tutte e hanno qualcosa nell’aria di unico. Ci si sta avvicinando alla Terra di Nessuno, un piccolo lembo di asfalto dove uomini con divise diverse stavano dietro i loro gabbiotti a controllare chi entrava e chi usciva. Oggi quei gabbiotti sono abbandonati – l’Europa delle libere merci ha dovuto concedere un’apparenza di libertà anche alle persone – ma la sensazione del limes, della fine di un sistema organizzato, sia pure esso stesso statale, o meglio linguistico, continua a permeare le manciate di chilometri che precedono quelle che furono le dogane. Nonostane tutto, le frontiere hanno un’identità solida, contraddittoria e fuori dalle dinamiche, che la fa apparire forse poco definita e invece ha in sé tutta la carica di una consapevole storia fatta di incontri, scontri e scambi. Senza considerare, poi, che a volte le frontiere corrispondono con il mare.

In questo contesto sta il porto di Muggia, dove trascorriamo la serata e la notte. Una cittadina meravigliosa, incastonata tra le mura tardomedievali e rimasta sotto il dominio veneziano per quasi quattrocento anni. Poi, improvvisamente, la cessione napoleonica di tutta la regione all’Austria – siamo a fine ‘700 – e l’inizio di una vertiginosa parabola storica. I tedeschi di Vienna prima, quelli del III Reich poi, la ricongiunzione all’Italia dopo la Grande Guerra, lo stallo della Zona A e della Zona B della vicinissima Trieste e infine la risoluzione della controversia negli anni ’50. Poi la cortina di ferro, che qui passava ad appena 3 chilometri e che nascondeva la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia del maresciallo Tito, la questione dell’Istria ritornata in mano alle popolazioni slave. Un luogo in cui la Storia ha lasciato parecchi segni, insomma. Un posto di grande fascino, ma poco conosciuto, dove si percepisce la meraviglia della vicenda umana, pur nelle sue dolorose contraddizioni.

E’ da qui, qualche tempo fa, che è iniziata la scommessa di Denyse e Roberto, di origini triestine e svizzere lei, siciliano lui, entrambi poco più che venticinquenni. L’idea che hanno avuto è quella di mettere in rete le realtà italiane che permettono un tipo di turismo rispettoso dei luoghi, del paesaggio e delle abitudini di chi nel posto ci vive. “Vorremmo premiare, ad esempio, chi ristruttura vecchi edifici e li rende fruibili”. Ristrutturare, ci spiegano, è molto più costoso e complicato che demolire e ricostruire o, peggio ancora, asfaltare un lotto edificabile. Il risultato, però, è davvero interessante perché permette di creare microstrutture ricettive all’interno dei centri storici dei borghi italiani, che potrebbero diventare una delle principali risorse del nostro paese. Il progetto di Denyse e Roberto, che si chiama Thatsamoreitalia.com, non si ferma qui, però. Oltre ad un bel posto dove soggiornare i nostri due amici si preoccupano di offrire ai viaggiatori la possibilità di entrare in contatto con i lavoratori del posto: artigiani, cuochi, esperti del territorio. Le chiamano “esperienze” e promettono di essere l’anello di giuntura tra la struttura ricettiva e il paese in cui si trova. In fin dei conti, raccontano, “cerchiamo di offrire quello che abbiamo sempre cercato nei nostri viaggi fatti con lo zaino in spalla: la possibilità di vivere e interagire con i posti e le persone che incontravamo in maniera naturale”. Il principio, insomma, è quello per cui un paese si capisce quando si va a fare la spesa, la mattina, negli stessi posti in cui vanno i locali, vivendo pregi e contraddizioni di un luogo, sentendoselo addosso.

Un concetto lontano ere spazio-temporali da quello di “colazione in camera” nel grande albergo sul lungomare complice del doppio delitto di sventrare la costa e far vivere il turista in un asettico parco giochi d’Agosto, lasciando la desolazione nelle altre stagioni (e a nostro avviso anche ad Agosto!). Noi, nella nostra Italia che verrà, sogniamo l’arrivo delle ruspe e dell’esplosivo sul grande albergo e il più grande successo possibile per Denyse, Roberto e per chi seguirà strade parallele e convergenti alla loro.

  • tracciato prealpino
  • Friuli Venezia Giulia
  • 13° giorno di viaggio

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