Quando Berta filava

Biella. 7 Settembre 2013.

Quello che ci ha colpiti, appena svalicato in Piemonte, era la totale assenza dei segni della deindustrializzazione. Le aziende agricole lavorano a pieno ritmo e nulla farebbe pensare alla presenza o alla sofferenza di qualche crisi.
Proseguendo verso la città però, quando le fabbriche non sono più quelle legate alla coltivazione o alla pastorizia, i primi ruderi iniziano a frastagliare l’orizzonte ai lati della strada.
Giunti a Biella, dove ci aspettano Annalisa e Chiara, curatrici del Fila Museum, poniamo subito a loro le nostre prime domande. Soprattutto cercando di capire se davvero la produzione di quel tipo è una cosa tanto antica da andare addirittura a finire in un museo.
Ci spiegano che il biellesse è famoso per l’industria tessile, in particolare lanifici, ma che ora le fabbriche stanno chiudendo. Ci raccontano la storia di Fila, azienda italiana che non produce più in Italia, e che ha accompagnato la storia dello sport, come è possibile apprendere percorrendo le varie stanze del museo.
Annalisa ci racconta che il rapporto lavorativo della fabbrica era piuttosto moderno e che coinvolgeva soprattutto donne. Ci tiene a spiegarci che quella raccolta non serve come un memoriale che indichi l’obsolescenza di quel modello produttivo, ma per ricordare la storia di un modello lavorativo che fu e ed è rimasto il fiore all’occhiello del biellese, sapendo cogliere con lungimiranza i cambiamenti del tempo e sapendo reinventare la produzione.

Annalisa e Chiara sono due ragazze alla mano, entusiaste e piene di energia. Ci hanno aperto lo sguardo su una forma di consapevolezza di un pezzo di storia italiana che, oltre al legame con un marchio, racconta delle vere e proprie vicende umane di uno degli aspetti più complessi e fondanti della società: il lavoro. Con le sue luci e ombre, e con le tristi virate della sua storia.

Forse è proprio questa loro consapevolezza che le ha portate ad accogliere l’idea di fondo del nostro viaggio come la stessa idea e la stessa speranza che hanno anche loro, sapendo bene che è sempre necessario reinvestire se stessi e inventarsi di nuovo ogni volta.

L’ultima serata è stata una vera e propria festa, alla Cafeteria della Fondazione Pistoletto, che è un gigantesco complesso in mattoncini rossi. “Questa era una fabbrica?” chiediamo. Ci rispondono che era una fabbrica tessile.

 

  • tracciato prealpino
  • Piemonte
  • 7° giorno di viaggio

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