Una realtà “uropica”

Francavilla Fontana. 20 Settembre 2013.

Perso tra interminabili filari di ulivi secolari, a cavallo tra le provincie di Taranto e Brindisi, esiste un luogo senza tempo, che vive ai margini della società, così come siamo abituati a conoscerla. Si tratta di Urupìa, si badi bene all’accento. Il nome mette insieme le parole Utopìa e “Uru”, che è uno dei nomi dialettali di un folletto che vive nelle campagne salentine. Col dubbio di sapere meglio cosa sia un’Utopia o un Uru, ci lasciamo mostrare la quotidianità fatta di ulivi, viti e fitodepuratori, da Thea, una delle comunarde.
Thea è stata deputata a guidarci attraverso le innumerevoli attività che fanno vivere Urupìa. Ci spiega che un Uru è un folletto accogliente e gentile con chi ama, ma anche vendicativo, dispettoso e addirittura letale contro chi non gli va a genio. Allo stesso modo funziona la Comune.

A questo punto, spiegare cosa sia un’Utopia diventa più complesso. Per farlo decide di condurci in giro per tutti gli spazi della Comune, che comprendono una masseria e 25 ettari di terreno, quasi tutto coltivabile, acquistati circa venti anni fa da un gruppo di anarchici leccesi e berlinesi. Da quel punto in poi la storia di Urupìa si sviluppa in formule quasi leggendarie, imprese pionieristiche e soprattutto si snocciola in una serie di “vittorie”, parola che tuttavia amano poco. L’impronta aperta, quasi sfondata (come sorridendo ci dice Thea), della Comune ha fatto sì che lì si incontrassero persone provenienti da luoghi diversi, e che si sviluppassero innumerevoli energie, tutte convergenti in una direzione: quella di riprendersi la terra, gli spazi di vita e di collaborazione fuori dall’isolamento e dall’ottimismo liberista che gli anni ’90 facevano apparire ancora solo come dorati, tenendo nascoste le prigioni, che si sarebbero rivelate solo oggi.
I sistemi di autosufficienza prevedono un impianto fotovoltaico, uno fitodepurativo e uno per l’approvvigionamento di acqua potabile, presa direttamente dall’acquedotto pugliese, che passa proprio nei loro campi.
Il sistema termico solare fu all’avanguardia per i tempi in cui lo costruirono, per il quale è stata fondamentale la collaborazione del gruppo berlinese e il suo attivismo contro il nucleare, che aveva messo a punto un sistema costituito da due boiler per il riscaldamento dell’acqua tramite i pannelli. L’acqua calda serve anche per alimentare delle lavatrici, che in questo modo possono fare a meno dell’utilizzo della resistenza e utilizzare energia elettrica solo per il motore del cestello. L’elettricità è dunque tutta autoprodotta.

L’autoproduzione non è la prerogativa della Comune, o almeno non fino ai livelli dell’autarchia. Anzi. Anarchia quindi non significa necessariamente autarchia. Ci dicono che non è possibile chiudere tutti i ponti con qualcosa che sia altro, perché ciò significherebbe un’implosione, una mancata diversificazione, anche quando si trattasse esclusivamente della varietà dei cibi da mangiare.
Hanno deciso di scegliere principalmente lo scambio di materie prime, ricorrendo il meno possibile al denaro, e scegliendo accuratamente i soggetti con cui sviluppare questo commercio.
Così oltre all’orto, che non manca mai, coltivano vite e ulivi, con cui producono ottimi vini e oli, che vendono ad acquirenti ormai abituati alla qualità di una produzione che, sebbene non abbia il marchio del biologico, è in linea con tutti i criteri del rispetto per la terra e per la Natura.
C’è anche un forno, sul quale è inutile scrivere qualsiasi cosa, dal momento che un linguaggio che possa descrivere il profumo, la fragranza e il sapore di quel pane, ancora non è stato inventato.
Ovviamente la vita in comune è poi l’aspetto centrale, nonché quello più complesso e talvolta problematico. Dividere competenze, responsabilità, pro e contro della convivenza e mettere insieme le diversità di ogni persona rimane la più difficile – e la più preziosa – delle conquiste.

Quello che più colpisce è che un simile progetto, per la sua natura “ibrida” tra la non accettazione dello Stato e la sua apertura universale, costituisce una sorta di compromesso radicale. Il lavoro che svolgono con i campi estivi per i bambini, la scelta di costituirsi come cooperativa, l’accoglienza a chiunque voglia sperimentare questo modo di vivere, lasciano spazio per pensare questo modello come accessibile senza andare incontro a una frattura sociale, ma anzi ricomponendola.

  • tracciato orientale
  • Puglia
  • 20° giorno di viaggio

Una realtà “uropica”

Perso tra interminabili filari di ulivi secolari, a cavallo...

Gli altri post