Pit Stop!

Limena. 11 Settembre 2013.

Giunti a Lecco, parcheggiata e scaricata la Vespa, ci accorgiamo di un dettaglio di non poco conto: la pedalina di accensione era troppo bassa, quasi raso terra.
Ciò sarebbe potuto dipendere da molti fattori di diverse gamme di gravità e per impedire al velo nero del terrore con la scritta “Game Over” di scendere davanti ai nostri occhi, abbiamo dato fondo a tutte le riserve di razionalità, calma e ottimismo che è necessario portare con sé, se si fa un viaggio con una Vespa di quarat’anni.
La Vespa non ha batteria, si accende con il futuristico principio delle puntine azionate manualmente: un’energia diretta discendente di quella prodotta dallo sfregamento di due pietre per accendere un fuoco. Niente “start” di accensione, niente blocchetto motore, si accende solo e soltanto con la pedalina.
La Fortuna ha voluto che ci trovassimo a pochi chilometri da Padova.

A Limena, nel padovano, si trova la nostra scuderia, il nostro angelo custode, nonché punto di riferimento vespistico universalmente riconosciuto: l’Officina Tonazzo.

Approfittiamo così della tappa vicentina, per raggiungere Luca e il suo team di mastri vespisti, in modo da poter proseguire il viaggio e non dover più far accendere a spinta la vespa sulle statali italiane.

Arrivare lì è stato come entrare nel box per il pit stop. Luca, Enrico e Fabio, chiamati a rapporto da Elisa, si sono presentati già consapevoli del problema. Faceva loro da sfondo il PX-Arcobaleno dell’84 con cui Luca aveva affrontato lo storico viaggio in Patagonia.

La pedivella (termine tecnico che da questo momento in poi sostuirà quello di “pedalina”) era lì, come qualsiasi altro pezzo di ricambio: bastava solo allungare la mano per prenderlo. Un sogno.
La Sprint Veloce in pochi secondi era denudata di una chiappa, il motore a vista, passata sotto i raggi x: pedivella nuova, nuova guaina di aspirazione dell’aria, calibrazione della carburazione a orecchio che nemmeno Uto Ughi.
“E questo fanale posteriore?” prima di poterli fermare, avevano già aperto anche quello, per cambiarlo. Apparso l’impianto elettrico dubbiamente castomizzato negli anni, con i cavi dello stereo e due lampadine da 12 volt, appare anche la disapprovazione con una punta di disprezzo malcelato: “ma stai scherzando?”.

Per fortuna che i veri vespisti non si fermano alle apparenze e vanno alla sostanza, e soprattutto in certi casi, anche quando si tratta di chirurghi luminari figli diretti di Corradino d’Ascanio, riescono a cogliere la poesia di certe virtuosistiche soluzioni.

“La prossima volta però lo rifacciamo questo impianto elettrico, eh?!”

E con questa promessa, affondiamo la pedivella, sicuri verso nuovi orizzonti.

  • tracciato prealpino
  • Veneto
  • 11° giorno di viaggio

Pit Stop!

Giunti a Lecco, parcheggiata e scaricata la Vespa, ci...

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